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In Mala Fede

libereeee

Il dibattito in corso sull’aborto ha infatti tutta l’aria di essere una malcelata operazione politica unguentata di alti richiami a quel basso moralismo su cui paparazty ha puntato, già prima del suo pontificato, per il rilancio nella borsa di Montecitorio delle quotazioni della Chiesta s.p.a.

E quale momento migliore se non questo in cui appare evidente che, per il governo Prodi, la legislazione delle unioni non-matrimoniali e non eterodosse era solo uno spot elettorale alla stregua del no alla guerra, risoluzione del conflitto d’interessi e abrogazione delle leggi vergogna?  

Potevano mai i tre dell’AveMaria rinunciare alla ghiotta occasione per mettere il dito in quella marmellata che è Pd e contemporaneamente reagire al pericolo della forza dimostrata dal movimento femminista e lesbico tanto al Gaypride quanto il 24 novembre?

E in questo momento puntuale all’appello risponde presente la Binetti che come Bondi “parla a titolo personale” – dicono – e personalmente si prendono la briga di rappresentare l’avanguardia fondamentalista di quello che non si capisce essere più convergenza o scontro pre-campagna-elettorale dei due maggiori partiti italiani. Come a dire “lasciate ogni speranza o voi che votate”.

 

Ancora una volta il Guardone Romano e company fanno politica usando la religione o, all’occasione, il contrario.

Diamo per acquisito e non trattabile tutto il discorso sulla 194, che non è mai stato solo una questione aborti clandestini, ma di principio, di civiltà, di democrazia, di autodeterminazione delle donne nella gestione del proprio corpo, vita e maternità.

Ribadiamo che una donna che non vuole portare avanti una gravidanza in uno stato laico e civile lo deve poter fare liberamente, senza terrorismi dei vari movimenti per la forse vita o intralci degli obiettori di coscienza.

Ma non possiamo non dire che tutta questa retorica neo-vetero-democristiana è in mala fede.

Viviamo in un paese dove quel poco di stato sociale che si era sviluppato si scioglie al sole di una precarizzante organizzazione del lavoro per cui una donna viene pagata meno, lavora a tempo determinato per indeterminate ore, dove gli straordinari sono la regola mentre le ferie, la previdenza e assistenza sociale sono un’eresia. In un paese (e non solo) così, dove la maternità è la causa più frequente del licenziamento (o del più ipocrita non rinnovo del contratto) delle donne davvero si può credere in buona fede che un anatema morale, che il ritorno ad un discorso teo-bio-etico sia la cosa più efficace alla riduzione degli aborti?

Se il fine ultimo di questo esercito dei buoni sentimenti  fosse davvero il diritto alla vita, prima di tutto penserebbe alla vita dei viventi, poi a quella dei possibili viventi, visto che siamo in un paese che non ha una legge né sulla tortura né sul diritto d’asilo.

Ma soprattutto invece di criminalizzare le donne che scelgono di abortire (le quali, visto che 40 anni di movimento femminista non sono passati invano, continueranno ad autodeterminarsi e a decidere indipendentemente dalle tre B-BagnascoBondiBinetti) si concentrerebbe sulle cause sociali ed economiche che costringono sempre più spesso all’aborto tante donne.

 

Allora forse è alla conservazione non tanto della vita, quanto di una società patriarcale e maschilista a cui puntano quanti attaccano l’aborto. Visto che oggi, in Italia, fare un figlio prima dei 35 anni significa, per la maggior parte delle donne, rimanere dipendente o dalla famiglia di origine o dal proprio partner.

 

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No vat contro ogni attacco alla 194

L’appello di Ruini, la moratoria di ferrara o la proposta alle camere di Bondi? È difficile dire quale di queste provocazioni sia più intollerabile. Leggiamo oggi del codice di autoregolamentazione che si sono posti gli ospedali della Lombardia che riducono a 22 settimane il limite per l’aborto ed inoltre impongono la rianimazione del feto anche per l’interruzione di gravidanza volontaria. Il codice è stato redatto da una donna Alessandra Kustermann, a capo del comitato lombardo per

Velroni durante le primarie del PD.

E’ troppo irritante il teatrino aperto all’interno del neonato squalotto bianco, ma è chiaro quanto abbia abboccato all’esca lanciata dal trio delle meraviglie. Era evidente che a rendere scivoloso il terreno di confronto all’inteno del pd potevano essere le donne, soprattutto alla luce di quanto

accaduto a novembre.

Il problema di tornare indietro di trentanni su scelte di democrazia, non è certo cruccio delle forze più reazionarie di questo paese, ma misurare la tenuta di un organizzazione politica discettando sul corpo delle donne e sulla salute di un eventuale nascituro mi pare quanto di più allarmante sia

accaduto negli ultimi anni. Sicuramente paragonabile alle commissioni di controllo sui consultori che qualche anno fa portarono in piazza le donne a Napoli e a Milano.

L’entusiasmo di novembre, le nuove relazioni istauratesi, dovrebbero darci degli strumenti per dare una nuova risposta forte agli ennesimi attacchi.

Inoltre è da sottolineare che una risposta pronta è già in cantiere da tempo: la NO VAT. Un appuntamento che dopo gli ultimi affondi delle gerarchie clerico-fasciste diventa ancora più importante per chi crede che autodeterminazione laicità e antifascismo sono le armi che abbiamo

per difenderci dall’oscurantismo dei tre porcellin ferrarra bondi e ruin.

 

 

13 Gennaio 2008

Assemblea Nazionale di preparazione del NO VAT (9 febbraio)

http://www.facciamobreccia.org/

 

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REPORT RIUNIONE 17-12-2007

1)Riprende il nosto lavoro di indagine sui consultori Riprendiamo le fila del lavoro che stiamo portanto avanti sui consultori napoletani.  Abbiamo iniziato con lo studio della legge nazionale (legge 405/75 http://www.usciamodalsilenzio.org/legge_29_luglio_1975.pdf) che li istitusce e la legge regionale (LR 44/77 http://www.solideadonne.org/pdf/regionale/campania/legge_campania_44_1977.pdf) che li regolamenta sul territorio campano e poi abbiamo cercato di fare una prima mappatura dei consultori della città. A questo punto però sentiamo il bisogno di capire bene quali fossero le motivazioni ed esigenze sociali che hanno portato alla nascita di queste strutture e come si siamo sviluppati nel tempo. Quali sono le funzioni che dovrebbero assolvere e i servizi che dovrebbero garantire, per poi verificare il funzionamento reale dei consultori napoletani.

La legge regionale campana per esempio prevede                                                                

– controinformazione su problemi e malattie sessuali, accompagnate anche da corsi pratici e gratuiti
– assistenza psicologica e sociale
– tutela della salute della donna
– divulgazione sui sistemi per impedire gravidanze indesiderate
– somministrazione di mezzi per il conseguimento di una gravidanza,li dove desiderata
– assistenza alla donna in caso di interruzione spontanea di gravidanza                               

 Così abbiamo deciso di cercare dei contatti tra le donne che hanno partecipato sin dall’inizio alla nascita dei consultori a napoli per comprenderne meglio la storia e per essere indirizzate rispetto al lavoro da seguire. Abbiamo contattato un’ostretica e altre donne con cui inzialmente faremo delle discussioni informali, per poi organizzare in futuro la realizzazione di video inchieste che possano servirci anche come materiale da proiettare.

2)Movimento No Vat    http://www.facciamobreccia.org/content/view/149/55/


crediamo che sia più che mai importante puntare su questa manifestazione anche come movimento femminista (napoletano) provando a costruire qualcosa di partecipato e ampio come il 24 novembre. L’idea è quella di aprire un percorso da dopo le vacanze alla manifestazione con 2 assemblee sui temi dell’autodeterminazione/laicità e antifascismo cercando di puntare un pò più in alto e coinvolgere quanti abbiamo intercettato nelle realtà politiche ma anche provare a parlare alla città con idee simpatiche. L’idea è anche quella di fare una festa all’università con l’aiuto di radioazioni nella nostra modalità "queer on".

3)Continua il percorso controviolenzadonne
giovedì parteciperemo all’assemblea cittadina di movimento che si sta riunendo ogni giovedì dopo la manifestazione del 24 novembre.

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Il consiglio comunale di Roma dice NO al registro delle unioni civili

 

"Poco prima della votazione due ragazze di ARCILESBICA gridano "Vogliamo
le unioni civili" e si baciano davanti al Consiglio.
Altro momento di cofusione.
Si vota : delibera bocciata !"

Per Veltroni e il Pd la posta in gioco era il dialogo con il Vaticano

Un registro delle unioni civili nella capitale della cristianità sarebbe stato inccettabile oltretevere. Un editoriale ha dettato la linea al Campidoglio (articolo pubblicato sul manifesto 18-12-2007)

Mimmo De Cillis

Su Roma, capitale della cristianità, non si può transigere. La situazione di altri comuni italiani può anche passare sotto silenzio, ma a Roma si dà battaglia. Sull’istituzione del registro della unioni civili in Campidoglio, l’accordo fra Vaticano e vicariato (cioè la diocesi di Roma) è stato pieno e la sintonia totale. D’altronde al di là del Tevere parlava Tarcisio Bertone, il segretario di stato vaticano che, nell’ultimo incontro con Walter Veltroni, le ha «cantate» direttamente al sindaco, senza spazio a esitazioni o diplomazie che, da buon genovese, conosce e usa ben poco. Il sodo era: «se voi del Pd volete aprire un dialogo con il Vaticano, questo registro non s’ha da fare». Dall’altra parte del Tevere, insediato nel palazzo lateranense del vicariato c’era ancora l’inossidabile Camillo Ruini, uscito di scena dalla presidenza dei vescovi italiani, ma ancora a capo della diocesi romana, a cui compete la questione.

Il cardinale ha telecomandato un duro editoriale su Romasette che tocca questioni riguardanti, appunto, la chiesa nel territorio di Roma. La redazione del foglio, supplemento domenicale dell’Avvenire, si trova nello stesso palazzo dove Ruini abita e ha i suoi uffici.

L’avvertimento è partito con chiarezza: «Le battaglie ideologiche non servono a nessuno», e la discussione sul registro delle unioni civili vuole solo creare lacerazioni e scompiglio nell’opinione pubblica. Infatti, si afferma, se lo stesso ordine del giorno del consiglio comunale riconosce che la legislazione nazionale «non consente di riempire di contenuti dette proposte», dunque si riconosce una competenza al parlamento, perché insistere in una dichiarazione che, di fatto, non avrebbe alcun effetto concreto? E poi, nota l’editoriale di Romasette, tutto ciò è ancor di più inaccettabile a Roma, «città che è punto di riferimento dei cattolici di tutto il mondo e custodisce le memorie di una civiltà basata sui valori fondanti della persona». Per concludere, ecco il serrate-le-fila che sa di crociata: «I cattolici che siedono in Consiglio comunale, e tutti coloro che considerano la famiglia fondata sul matrimonio come la struttura portante della vita sociale, da non svuotare di significato attraverso la creazione di forme giuridiche alternative, saranno dunque presto chiamati a mostrare la propria coerenza e la propria determinazione».

Quella sulle unioni civili a Roma è per la chiesa italiana e per la Santa sede, una prova importante su cui giudicare Walter Veltroni e capire il posizionamento che il Partito democratico vorrà tenere su questioni etiche e di coscienza. La chiesa rivendica il diritto di appellarsi alla sensibilità dei cattolici presenti in modo trasversale nei diversi schieramenti politici per difendere temi cari alla dottrina. Anche se, in tal modo, si tratta di legiferare per la totalità della popolazione, che sia di un comune o dell’intera nazione, penalizzando la parte laica della società. Ma a questo argomento gli alti ecclesiastici fanno orecchi da mercanti. E benedicono la manifestazione dei gruppi integralisti cattolici che ieri hanno annunciato mobilitazione per «difendere i valori non negoziabili». E anche monsignor Rino Fisichella, cappellano di Montecitorio e rettore della Pontificia università lateranense, non ha mancato di far sentire il suo richiamo ai politici, ricordando che, su questi temi, «la chiesa ha il dovere di intervenire». La chiesa tutta, dunque, al di qua e al di là del Tevere, si è messa di traverso per impedire l’istituzione del registro. Che, a questo punto, vista l’acquiescenza e la sudditanza dei fedelissimi che siedono sugli scranni del Campidoglio come di Montecitorio, ha ben poche possibilità di spiccare il volo. Il buon Walter, da parte sua, potrà «salvare capra e cavoli», dicendo candidamente ai laici: «Ci abbiamo provato», e rassicurando le porpore: «Non se ne fa nulla».

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ANTIFASCISMO: Napoli, 12 dicembre 2007, 10:00 Piazza del Gesù

meglio froci che fascisti

 roma pride 2007

APPELLO PER UNA MOBILITAZIONE REGIONALE ANTIRAZZISTA, ANTIFASCISTA E CONTRO L’OMOFOBIA
 
Un onda strumentale e inaccettabile di xenofobia politica, razzismo ed aggressioni di stampo fascista sta attraversando il paese.
La proposta da cui nasce questo appello è stata stimolata dal rinato attivismo dei gruppuscoli neofascisti nella città di Napoli, dall’esigenza di porre un freno all’espansione di chi predica razzismo e discriminazione, da chi ripetutamente e in più parti d’Italia ha dimostrato la sua propensione ad aggredire attivisti del movimento, immigrati, associazioni per i diritti degli omosessuali e dei transessuali, spazi sociali e centri autogestiti.
Squadristi che spesso (come a Roma) sono finanziati da segmenti molto più inseriti nell’establishment politico e che ora ritrovao appoggi interessati anche a Napoli in virtù dei rivogimenti e delle trasformazioni nella destra cittadina. Alle prime mobilitazioni antifasciste è evidentemente necessario, perciò, far seguire un livello di coinvolgimento e di sensibilizazzione di massa sul problema.
Ma proprio per questo la riflessione si è naturalmente allargata alle condizioni politiche in cui questi gruppuscoli proliferano. Parliamo delle filosofie securitarie, del tentativo di rivolgere lo scontro sociale verso il basso, verso i più deboli, della volontà di trasformare l’insicurezza sociale che deriva dal crescente impoverimento e dall’aumento della precarietà in rabbia repressiva contro gli ultimi e/o contro le diversità. Un partito trasversale che esalta le culture di destra ma attecchisce ampiamente anche nel centrosinistra (basta pensare alle vicende di Firenze e Bologna).
Proprio nelle ore in cui scriviamo questo appello si sta consumando una pericolosissima deriva xenofoba e autoritaria: il decreto “antirom e antirumeni” del governo italiano strumentalizza una grave vicenda, come lo stupro e l’omicidio di Giovanna Reggiani, per cavalcare e alimentare l’onda razzista, criminalizzando un’intera popolazione.  Poteri straordinari e assolutamente discrezionali ai prefetti, introduzione della fattispecie di “persona sospetta”, espulsione prevista anche per i familiari… Mentre intanto le squadracce fasciste si sentono legittimate a rilanciare i raid notturni in stile Ku-Klux-Klan. C’è una sola parola per tutto questo: “Pogrom”.
 Poco importa se le statistiche spiegano come la grandissima parte delle violenze contro le donne si consumino in famiglia, italiana o immigrata che sia, o che i romeni costituiscano oltre il 5% della classe lavoratrice più sfruttata in Italia, dagli edili ai raccoglitori di pomodoro, o che l’Italia stessa abbia pesanti interessi economici in Romania, cui spesso non è estranea la “nostra” criminalità organizzata. C’è un evidente e irresponsabile interesse a fare di questo caso l’occasione per sperimentare una ulteriore svolta securitaria nel linguaggio e nella pratica politica italiana, dopo l’overdose di “pacchetti sicurezza”, i sindaci-sceriffo, la repressione a piene mani sui movimenti sociali (dalle vicenda chiave del contro-G8 alle iniziative di autoriduzione, alle condanne per gli antirazzisti e gli antifascisti) .
La propaganda securitaria offre dividendi politici a bassissimo costo e così questo modello viene sperimentato anche a Napoli, metropoli nella quale la coesione sociale dei ceti subalterni è messa a dura prova dall’assenza di una qualsiasi politica istituzionale sui redditi e sulla vivibilità, dall’accettazione quasi rassegnata di una città cristallizzata nelle sue profonde differenze sociali, con gran parte del sottoproletariato urbano assediato dai meccanismi criminogeni e dalla relativa carcerizzazione.
Episodi come quello di Alleanza nazionale a Pianura, che prima affigge manifesti contro gli immigrati e poi guida con i propri consiglieri addirittura drappelli di carabinieri nella "caccia al clandestino" , rappresentano solo l’ultimo clamoroso esempio di queste pratiche para-leghiste. Si punta sull’imbarbarimento del clima sociale per trarne profitto politico e occultare le vere ragioni di crisi. I segnali inquietanti per questo tipo di speculazioni non mancano: dal ripetersi di aggressioni contro i campi rom, dettate da interessi economici spesso palesi ma consumate nell’indifferenza dei media, al riprodursi di comportamenti omofobi pur in una città che ha nella sua cultura sociale gli anticorpi giusti contro questo tipo di avvelenamento culturale.
Su questi anticorpi bisogna puntare, nella consapevolezza che lo scatenamento della “guerra tra poveri” e le speculazioni opportuniste sulla paura sociale sono dei pericoli letali per la crescita dei movimenti e di lotte sociali consapevoli. Sono un ostacolo concreto a quel processo di cambiamento radicale che parta finalmente dai bisogni negati (reddito-lavoro, casa, vivibilità, salute, uso sociale dello spazio pubblico, sostenibilità ambientale, diritti di cittadinanza) e di cui la città e l’intera regione hanno ormai un assoluto bisogno.
Perciò facciamo appello ai movimenti, all’autorganizzazion e sociale, ai sindacati, all’associazionismo antirazzista e solidale, a tutte le forze sinceramente democratiche per rispondere a questa pericolosa deriva. Costruiamo una manifestazione regionale contro il razzismo, il neofascismo, l’autoritarismo e l’omofobia nella settimana del 12 dicembre, anniversario della “Strage di Stato” in Piazza Fontana.  Una data significante, perchè il sabotaggio degli ingranaggi della memoria, la rimozione delle stragi realizzate da squadristi e servizi segreti cotro i movimenti, è un tassello importante nello sdoganamento delle nuove pratiche razziste e fasciste.
Una giornata di mobilitazione comune che vuole anche essere il momento di approdo per un percorso che offra l’occasione a tutti e tutte di riprendere la parola e l’iniziativa nelle scuole, nelle piazze, nei luoghi di lavoro, per ridare voce e forza alle lotte sociali e alle istanze di emancipazione.
Contro i venti reazionari: riprendiamoci le strade, riprendiamoci il futuro!
 
Prime adesioni:
Laboratorio Insurgencia, Laboratorio Ska, Centro sociale Officina 99, Orientale Agitata, Uniriot, Collettivi autonomi studenteschi, CANNA, Collettivo NoBorder_Napoli, Carc, Comitato Immigrati di Napoli, Fed. Regionale Rdb/Cub, Giovani Comunisti, Area antagonista napoletana, Radioazioni, Red Link, Gay-Up, Movimento precari “Banchi Nuovi”
 
Per adesioni:
noborder@migrazioni .com

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