*Incontro con un’ostetrica: continua il nostro lavoro sui consultori
Durante questa nostra riunione abbiamo incontrato Teresa, un’ostetrica che ha partecipato dall’inizio alla nascita dei consultori. In periodi come questo, di forte attacco all’autoderminazione delle donne, consideriamo fondamentale fare un lavoro di approfondimento sui consultori non solo come struttura di assistenza sanitaria ma anche e soprattutto come luogo sociale di incontro e accoglienza, dove ogni donna dovrebbe poter trovare gli strumenti e le conoscenze per scegliere liberamente del suo corpo e della sua sessualità.
Questo incontro fa, infatti, parte del nostro lavoro di indagine sul reale funzionamento dei consultori a Napoli. Prima cosa c’è da verificare quali sono le carenze d’organico dei consultori nella nostra città e quanto influiscono sul loro funzionamento, poi ci sarebbe poi da chiedere consultorio per consultorio se organizzano ancora gruppi, come ad esempio gli incontri in gravidanza, e come questi si svolgono ( dove? Con ostetrica o psicologa? Anche per le madri adolescenti?).
Se viene svolta educazione sessuale sul territorio, se vengono seguiti dopo la gravidanza i casi di madri adolescenti. Inoltre andrebbe chiesto quanto gli operatori siano gratificati dal lavoro in consultorio e quanto a lungo lavoreranno lì, per comprendere anche gli effetti dei contratti precari in queste strutture.
Le domande nascono dall’esigenza di comprendere quanto i consultori nello svolgimento delle loro attività rispettino quelle che erano le esigenze della loro nascita. Quegli anni erano anche gli anni della legge Basaglia e molte erano le connessioni con i movimenti che hanno portato alla nascita dei consultori. L’ esigenza principale era quello di ricostruire la sanità come luogo sociale. La malattia non era più trattata da semplice patologia, ma come momento sociale. Era molto importante dunque che nei centri, avamposti sui territori, si unissero competenze mediche e competenze sociali. Ad esempio per la prevenzione dei tumori non era previsto solo il pap test ma anche gruppi di autosservazione. Le funzioni “ambulatoriali” erano svolte per seguire la vita fisiologica della donna.
Il resto delle considerazioni riguarda i dati sulla maternità in Campania. I dati sono che in Campania il 60% delle donne partorisce con taglio cesario, quando potrebbero essere appena il 12 %. il restante 40% vive la gravidanza in modo violento. Ad esempio l’80% subisce l’episiotomia (taglio della vagina), mentre naturalmente solo il 3 % primipara subisce la lacerazione, le cifre sono dunque da mutilazione sessuale. Il neonato è separato dalla madre e viene prima lavato e poi attaccato al seno materno, senza contare che i sedativi della madre non solo disattivano i naturali ormoni ma rimbambiscono il bambino attivandogli per tutta la vita i ricettori per a morfina. Insomma viene reso impossibile l’imprinting. L’esperienza del parto è a tutti gli effetti un’esperienza violenta che la donna vive in solitudine accompagnata dall’ipocrisia della felicità dell’esser madre e dell’istinto materno. Anche l’unione europea si è allarmata per i dati dei parti in Campania, tanto da stanziare un fondo per la costruzione di case maternità come in Olanda Francia e Germania… ma da anni non se n’è ancora vista una!
*Iniziativa del collettivo in vista del No Vat: gli eventi di questi giorni ribadiscono l’importanza delle mobilitazioni dal basso contro le forze dell’oscurantismo, come quella che c’è stata alla sapienza e il prossimo appuntamento del NoVat. (http://www.facciamobreccia.org ) E per questo stiamo cercando i organizzare un’assemblea anticlericale all’università a fine mese.