Vogliamo rispondere con questo articolo di Ida Dominijanni uscito sul Manisfesto al coro della disinformazione di massa (dall’unità a la7) che ha provato prima a strumentalizzare il corteo e, quando glielo abbiamo impedito, a stigmatizzarlo per coprire il senso tutto politico delle contestazioni all’incoerenza delle parlamentari presenti alla manifestazioni.
Ministre, effetto palco, fuori programma.
Ida Dominijanni
Si fa presto a dire «intolleranza», come fa la presidente del Telefono Rosa, o addirittura «ingiustificabile prevaricazione», come fa la presidente dei senatori dell’Ulivo Anna Finocchiaro. Si fa presto a giocare con le parole, come fa la ministra Melandri, dando delle «violente» alle militanti anti-violenza che l’hanno contestata. Si fa presto a titolare sulle contestazioni a Melandri, Turco, Pollastrini, Prestigiacomo, come fanno in coro le tv, dopo aver contribuito con le dirette a mettere al centro della scena le politiche di professione.
La verità è che le organizzatrici erano state chiare nelle loro intenzioni della vigilia: non volevano tra loro personalità politiche che avessero aderito al family day, che avessero preso posizioni familiste contrarie vuoi all’autodeterminazione femminile vuoi al riconoscimento di gay trans e lesbiche, che avessero dato il loro ok al pacchetto sicurezza, che avessero dato fiato alle campagne razziste anti-migranti in nome della tutela delle donne. Non erano esclusioni ad personam, e nemmeno riportabili alle consuete discriminanti dello scacchiere politico, destra-sinistra o governo-opposizione. Erano discriminanti politiche di merito, rivolte a destra e a sinistra, all’opposizione e al governo, che sarebbe stato opportuno prendere sul serio, perché sul serio vincolavano il programma anti-violenza della manifestazione a un orientamento anti-familista, anti-omofobico, anti-securitario, anti-razzista.
Ministre ed ex-ministre non l’hanno preso sul serio, bypassando allegramente i loro trascorsi familisti (Prestigiacomo) e le loro connivenze securitarie (Turco, Pollastrini, Melandri). E figurandosi – al solito – una manifestazione di donne come un giulivo raduno impolitico, tenuto insieme dal minimo comun denominatore del no alle botte e agli stupri e indifferente al (o manipolabile dal) modo in cui la politica istituzionale declina quotidianamente il tema della violenza. Ci hanno aggiunto infine il sale e il pepe dell’arrivo al corteo sotto scorta (Prestigiacomo, anche se su questo particolare le testimonianze divergono), e dell’automatico accomodarsi sotto i riflettori de La7 (Turco, Pollastrini e Melandri). Come non avessero mai sentito dire, queste ultime, che alle forme della rappresentazione mediatica il movimento femminista è da sempre sensibile quanto e più che alle forme della rappresentanza politica. E che se una manifestazione sceglie di concludersi in una piazza senza palco e senza leader, non è per fare spazio a una leadership di governo su un palco televisivo.
La verità è che le organizzatrici erano state chiare nelle loro intenzioni della vigilia: non volevano tra loro personalità politiche che avessero aderito al family day, che avessero preso posizioni familiste contrarie vuoi all’autodeterminazione femminile vuoi al riconoscimento di gay trans e lesbiche, che avessero dato il loro ok al pacchetto sicurezza, che avessero dato fiato alle campagne razziste anti-migranti in nome della tutela delle donne. Non erano esclusioni ad personam, e nemmeno riportabili alle consuete discriminanti dello scacchiere politico, destra-sinistra o governo-opposizione. Erano discriminanti politiche di merito, rivolte a destra e a sinistra, all’opposizione e al governo, che sarebbe stato opportuno prendere sul serio, perché sul serio vincolavano il programma anti-violenza della manifestazione a un orientamento anti-familista, anti-omofobico, anti-securitario, anti-razzista.
Ministre ed ex-ministre non l’hanno preso sul serio, bypassando allegramente i loro trascorsi familisti (Prestigiacomo) e le loro connivenze securitarie (Turco, Pollastrini, Melandri). E figurandosi – al solito – una manifestazione di donne come un giulivo raduno impolitico, tenuto insieme dal minimo comun denominatore del no alle botte e agli stupri e indifferente al (o manipolabile dal) modo in cui la politica istituzionale declina quotidianamente il tema della violenza. Ci hanno aggiunto infine il sale e il pepe dell’arrivo al corteo sotto scorta (Prestigiacomo, anche se su questo particolare le testimonianze divergono), e dell’automatico accomodarsi sotto i riflettori de La7 (Turco, Pollastrini e Melandri). Come non avessero mai sentito dire, queste ultime, che alle forme della rappresentazione mediatica il movimento femminista è da sempre sensibile quanto e più che alle forme della rappresentanza politica. E che se una manifestazione sceglie di concludersi in una piazza senza palco e senza leader, non è per fare spazio a una leadership di governo su un palco televisivo.